L’astronomia, nata come osservazione diretta del cielo a occhio nudo, ha fatto grandi progressi con l’invenzione del telescopio nel XVII secolo. La sua ideazione ha consentito di estendere la portata delle osservazioni, svelando l’esistenza di nuovi corpi celesti. Tuttavia, la luce visibile rappresenta solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico e non consente di mostrare tutto ciò che compone l’Universo. Oggi la massa degli astri celesti costituisce soltanto il 5% della materia cosmica, la restante parte del volume risulta essere non visibile e viene definita materia oscura. Essa è lo scheletro dell’Universo, la rete che tiene assieme le galassie, i sistemi solari, i pianeti, le persone e gli oggetti. È un reticolo di filamenti che collega tutti i corpi celesti, non emette luce e non la assorbe.
Andrés Ramírez Gaviria è un artista concettuale colombiano che utilizza la tecnologia digitale come materiale d’analisi della verità nel contesto sociale, storico e artistico. La sua serie di opere Beyond Black (2010-) è costituita da pannelli in vetro nero contenenti una griglia impercettibile che può essere vista solamente tramite un microscopio a forza atomica, che agisce cioè su scala nanometrica. Le lastre in vetro non lasciano vedere l’interno dell’opera: sono assolute, totalmente nere, in piena tradizione maleviciana, dove il nero distruggeva la pittura tradizionale, per ottenere una profondità spaziale data dal vuoto di un supremo inizio e principio di un’espressione libera e pura della creazione umana. Ciò nonostante, l’artista dichiara la presenza di materia infinitesimale nell’indeterminatezza dell’oscurità, indecifrabile e invisibile che vive oltre il nero, generando dubbi negli spettatori e confondendone lo sguardo. Come in Empty Form (2008), Modal Patterns (2006) e in altre opere realizzate da Gaviria, Beyond Black evoca un mondo segreto che esiste in uno spazio liminale, di dubbio, tra l’idea e la sua manifestazione, tra la cosa in sé e il modo in cui può essere vista, cercando al contempo accettazione e convinzione nel fruitore. La superficie riflettente del vetro restituisce lo sguardo dubitante a sé stesso, annullando la ricerca intuitiva della materia che risulta essere impercettibile a occhio nudo. L’immaginazione viene spinta verso un’entità sensibile che sta oltre la superficie dell’opera e si manifesta in un’immersione dello spettatore nella ricerca della griglia che tuttavia rimane invisibile, lasciandolo libero di diverse interpretazioni personali e richiedendo un profondo atto di fede nella figura dell’artista. La rivelazione della presenza di qualcosa oltre la superficie avviene solamente per mano di Gaviria, che la esplicita nell’elenco dei materiali che compongono l’opera. Eppure, questo dettaglio enigmatico porta il fruitore a pensare che lo spazio nero dell’opera e il nero dell’universo siano qualcosa di reale che sta là dentro come la natura della realtà, il tessuto dell’universo, un oggetto da vedere e sentire, dentro a un colore. Il nero è inteso da Gaviria come uno spiraglio sull’enigma, un contenitore della profondità del mistero materico, un’oscurità fenomenica che riempie completamente l’essenza dell’umano. L’opera acquista così una portata ontologica più che estetica: diventa metafora di uno sguardo aperto sull’essere, un momento di attesa, di sospensione del tempo e dell’azione, del corpo e dello spazio.
Beyond Black accompagna lo spettatore nella profondità della materia oscura, di un mondo invisibile, al cui interno si sviluppano forme reali, geometriche e organiche, dove il colore nero trattiene tutta la materia e assume valenza gravitazionale. La griglia microscopica di Gaviria fa parte di un universo invisibile che sta al di là dei confini dell’esperienza sensibile, che raggiunge un altro livello di presenza, quello dell’assolutezza: il sostrato della verità, l’orizzonte dell’essere.